LA STORIA DELLA NOSTRA BAMBINA - Parte i: la diagnosi
Il 19 febbraio era il giorno in cui per caso mi ero ritrovata con due appuntamenti, che dovevano essere in altri giorni ma che erano entrambi stati spostati in quella data. Alle 12 avrei conosciuto un’ostetrica privata che volevo mi accompagnasse durante la gravidanza, mentre alle 14,30 avevamo l’appuntamento per l’ecografia morfologica all’ospedale.
Durante il primo incontro ho raccontato come avrei voluto che la mia gravidanza e il mio parto si svolgessero. Mi immaginavo di partorire in casa, circondata dalle persone da me scelte e di avere una gravidanza meno medicalizzata possibile, facendo giusto le visite e le ecografie indispensabili, che nella mia mente erano 4, di cui due le avevo già fatte. Non sopportavo l’idea dei continui controlli per prevenire qualcosa che sarebbe potuto succedere ma che in realtà non era ancora successo.
Giusto il tempo di pranzare dopo la visita con l’ostetrica ed era già l’ora di andare a fare l’ecografia. Io e Ben eravamo estremamente tranquilli e felici di vedere la nostra bambina. Dopo aver avuto un aborto a Giugno e aver desiderato cosí tanto questa nuova gravidanza eravamo stati per i primi tre mesi con il fiato sospeso e la paura che qualcosa potesse andare storto anche questa volta. Una volta superato il primo trimestre è stato il test genetico a tenerci sulle spine. Ricevuto anche quel risultato ci eravamo finalmente rilassati e pensavamo che adesso tutto sarebbe andato liscio.
Fino a che, durante l’ecografia, la dottoressa ci ha detto che vedeva qualcosa di strano nei polmoni della bambina: una massa che non sarebbe dovuta essere lì. Ha chiamato la collega per avere anche il suo parere e mentre cercavano di capire di cosa si trattasse senza dire niente io leggevo la preoccupazione sui loro volti. Ci dicono che probabilmente si tratta di una malformazione cistica del polmone e ci fissano un’ecografia di secondo livello con uno specialista la mattina dopo alle 8. L’urgenza con cui ci fissano il secondo appuntamento alimenta ancora di più la nostra preoccupazione. Torniamo a casa con il cuore pesante, senza sapere bene cosa comporta questa diagnosi per noi e per la nostra bambina e io non riesco a smettere di piangere per tutta la sera.
Il giorno dopo veniamo catapultati in un incubo: passiamo tutta la mattina all’ospedale facendo un’ecografia lunghissima in cui confermano la diagnosi di CCAM, ovvero malformazione cistica al polmone destro. È una malformazione congenita rara di cui non si conoscono le cause né si può prevedere lo sviluppo.
Quello che si sa è che durante la formazione dei polmoni qualcosa è andato storto e al posto di una parte del polmone si formano delle cisti che possono essere di diverso tipo. Nel nostro caso sono due macrocisti piene di liquido nel polmone destro. Per monitorare la gravità della situazione si usa un valore, detto CVR, che è il rapporto tra la misura del cranio del bambino e la massa delle cisti. Al primo controllo il nostro CVR è 0.84, che rappresenta un rischio moderato per il bambino. La soglia da non superare è 1.6, sopra il quale il bambino inizia a rischiare di non farcela perché le cisti sono così grandi da comprimere il cuore e danneggiare altri organi come l’esofago e il diaframma.
Il giorno stesso ci fanno parlare con la genetista per decidere se vogliamo fare ulteriori indagini genetiche e con il chirurgo neonatale che ci spiega che quasi sicuramente la bambina, una volta nata, dovrà subire un intervento chirurgico per asportare la parte del polmone danneggiato.
Non si può sapere molto di più se non monitorare la situazione con controlli ecografici settimanali, in quanto ogni caso è diverso e ha il suo decorso.
Inutile dire che torniamo a casa distrutti e sconvolti. In qualche modo nei giorni successivi riusciamo a ritrovare un po’ di equilibrio e di fiducia. Decidiamo di non fare controlli genetici e di andare avanti con la gravidanza. Io sento sempre una forte connessione con la bambina che è forte e mi sembra molto determinata a farcela, nonostante le difficoltà.
Ci rassegniamo all’idea che la gravidanza non sarà per niente come ce l’eravamo aspettata: dovremo fare controlli settimanali, partorire in ospedale e persino considerare che la bambina possa finire in terapia intensiva appena nata e poi subire l’intervento. Siamo pronti ad accettare tutto e lasciare andare tutte le nostre aspettative, se questo poi ci porterà a conoscere la nostra bambina e a darle la vita serena che si merita. Ci diciamo che dobbiamo solo avere pazienza cercando di avere un atteggiamento positivo senza cadere nel vittimismo o nel senso di ingiustizia del "perché proprio a noi?” e monitorare la situazione costantemente perché nel 90% dei casi è così che va con questo tipo di problemi. Nel nostro caso però non sarebbe stato così “semplice”..
La storia prosegue qua.